martedì 25 ottobre 2011

Obiettivo: 500 giorni a Palazzo



Giustizia Casta
Obiettivo: 500 giorni a Palazzo

di Mauro Munafò
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Bossi e Berlusconi sono sull'orlo del baratro, ma circa un terzo dei parlamentari italiani ha un solo pensiero in testa: trascinare la legislatura fino alla primavera del 2013. Così incassano il vitalizio per il resto dei loro giorni. Sono 350, tra deputati e senatori: oggi più che mai terrorizzati dalle elezioni anticipate
(25 ottobre 2011) Domenico ScilipotiLa missione non è delle più semplici: devono resistere altri cinquecento giorni sugli scranni di Palazzo Madama e Montecitorio. Solo dopo questa lunga attesa anche gli ultimi arrivati tra i parlamentari italiani potranno godersi per il resto della propria vita un assegno da circa duemilacinquecento euro al mese. Un assegno che vale l'accesso al ristretto club dei circa duemilatrecento fortunati ex onorevoli già in pensione, che ci costano una cifra stimata intorno ai duecento milioni di euro.

Secondo i dati elaborati da OpenPolis, siedono oggi in Parlamento ancora trecentocinquanta tra deputati e senatori che non hanno maturato il diritto all'assegno vitalizio, la ricca pensione dei parlamentari che nonostante le periodiche ondate di indignazione resiste a ogni tentativo serio di riforma (o abolizione).

L'ultima rivisitazione dell'assegno, datata 2007, prevede che ne conquistino il diritto solo gli onorevoli con almeno cinque anni di mandato alle spalle, e solo dopo aver compiuto i 65 anni di età. Tra deroghe, eccezioni e casi particolari, accumulando più legislature aumenta anche l'importo del vitalizio e diminuisce l'età necessaria per iniziare a incassarlo: nel migliore dei casi gli eletti negli ultimi 4 anni possono prenderlo a partire dai 60 anni di età e fino al 60% dell'importo dell'indennità (e quindi 6-7mila euro). Una generazione di politici 'sfortunati', considerando che gli eletti nelle legislature passate godono ancora dei vecchi regolamenti e in alcuni casi sono arrivati a maturare la propria pensione dopo appena una settimana o un mese di lavoro (a Toni Negri bastarono 64 giorni), o si può iniziare a incassare a 49 anni (come l'ex ministro Pecoraro Scanio).

L'imposizione dei 5 anni di permanenza sugli scranni, al fronte di un minimo risparmio economico, ha di sicuro aumentato la stabilità politica italiana: non sono molti i parlamentari disposti a far cadere un governo sapendo di rischiare di non vedere mai la loro pensione.

Già nell'ottobre scorso l'Espresso segnalava quanto fosse difficile che B. potesse cadere prima dell'aprile 2011, data in cui hanno maturato il diritto alla pensione circa centocinquanta deputati già eletti nel maggio 2006 (la tornata vinta da Prodi). E in effetti basta guardare i nomi di chi nel corso dell'anno ha salvato il governo per far nascere qualche sospetto sulla bontà di certe decisioni politiche.

Senza voler ridurre il dibattito parlamentare a una sola questione di pensioni, può essere comunque utile aggiungere questo elemento di valutazione. Il voto di fiducia del dicembre 2010 ad esempio, il momento della definitiva rottura tra Fini e Berlusconi con la nascita di Fli, ha visto l'esecutivo salvarsi grazie alla decisiva azione di quattro parlamentari, tre dei quali non avevano ancora diritto al vitalizio. La mozione di sfiducia venne infatti bocciata grazie a 314 voti della maggioranza, contro i 311 dell'opposizione (e 2 assenze). Votarono contro il parere del proprio gruppo Giampiero Catone (che si sarebbe conquistato la pensione nell'aprile successivo), Catia Polidori (che deve aspettare fino al 2013) e mancò all'appuntamento anche Silvano Moffa (che ha maturato il diritto alla pensione insieme a Catone l'aprile appena passato). Furono però determinanti nel fornire una stampella al governo, tanto da essere premiati con posti da sottosegretario e consigliere, altri 'non ancora pensionati': Salvatore Misiti (diritto alla pensione dall'aprile 2011), Daniela Melchiorre (pensione nel 2013), Bruno Cesario (pensione dall'aprile 2011) e Massimo Calearo (pensione dal 2013). Un loro voto in direzione opposta li avrebbe mandati a casa, senza pensione.

Passata l'ondata dell'aprile 2011, adesso sono rimasti 247 deputati e 103 senatori a non aver accumulato 5 anni di legislatura. Buona parte di questi politici sono nomi poco noti ai più, peones che balzano all'onore delle cronache solo quando decidono di cambiare schieramento o minacciano voti ribelli. Il nome più noto di questo gruppo è quello di Domenico Scilipoti, responsabile (adesso Popolo e Territorio) ed esponente di punta dei salvatori del governo B. a cui tocca attendere fino a fine legislatura per mettere in tasca il vitalizio. Le cronache di questi giorni consegnano però tanti politici fino a qualche giorno fa piuttosto mansueti e, passato l'aprile 2011, diventati potenziali ribelli. Giustina Destro del Pdl ha ad esempio conquistato il vitalizio l'aprile scorso e casta | pensioni | Domenico Scilipoti © Riproduzione riservata
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