venerdì 4 novembre 2011

Licenziati via fax 325 lavoratori della Jabil


NewNotizie > Cronaca > Licenziati via fax 325 lavoratori della Jabil-
03/11/2011 - 21:27
«Il prossimo 12 dicembre saremo tutti licenziati: 325 famiglie senza più lavoro» una storia tra le tante storie di “ordinaria precarietà”. È la storia dei lavoratori della Jabil (ex sito Nokia Siemens), azienda di telecomunicazioni di Cassina de Pecchi che, dal 29 settembre scorso, ha ufficialmente dichiarato la cessazione di tutte le attività produttive entro il 12 dicembre 2011.
La testimonianza. Abbiamo raccolto la lettera aperta di Anna Lisa Minutillo, 45 anni: «Lavoro in questa azienda da 26 anni, l'ho vista crescere ed evolversi, l'ho vista mutare e progredire, l'ho vista diventare un'eccellenza nel settore delle telecomunicazioni e, purtroppo, la sto vedendo chiudere. Con la sua chiusura si decretano anche la fine dei miei sogni e l'inizio di una sopravvivenza precaria, incerta, deludente. Non era ciò che avevo messo in conto per il mio futuro, non era quello che speravo di ottenere svolgendo sempre lealmente e puntualmente il mio compito, dedicandomi al mio lavoro con passione ed interesse in quanto mi ha sempre affascinato e coinvolto»


Espulsi. Anna Lisa racconta l’odissea che l’ha travolta assieme ai suoi colleghi, un’odissea che inizia nel 2007 quando, Siemens Nokia viene ceduta ad una mutinazionale americana, la Jabil. Allora iniziano i primi tagli al personale che, nel giro di quattro anni, interessano circa 2000 lavoratori, portando ad una riduzione drastica del numero dei dipendenti. Tutto è accaduto tra le proteste dei lavoratori che, certo, non potevano accettare di essere espulsi in questo modo dal proprio lavoro, dalla propria vita, dalla propria identità.
Promesse non mantenute. Il loro spirito combattivo gli ha permesso di strappare all’azienda delle promesse che però, sono state presto disattese. Tra i tanti doveri presi, la Jabil si impegnava a garantire i livelli occupazionali e il rilancio industriale dei siti, attraverso la ricerca di nuovi clienti. Parole, parole, parole! Tra delocalizzazioni, tagli al personale, strategie economiche errate e totale mancanza di tutele per i lavoratori si è giunti, infine, all’annuncio della chiusura definitiva della fabbrica di Cassina dè Pecchi.
Licenziati via fax. Così Anna Lisa Minutillo descrive il modo in cui, assieme ai suoi colleghi, è stata “sbattuta fuori” dall’azienda: «Dopo due anni di cassa integrazione ordinaria, ed un anno di cassa straordinaria l'epilogo, comunicato via fax, senza nemmeno un'incontro da parte dei dirigenti con i lavoratori, un fax scarno e freddo, come sono freddi gli animi di questi personaggi, ci comunica che saremo i prossimi mobilitati del millennio».

Profitto lesivo dei lavoratori. La storia assume un sapore ancora più amaro, considerando il fatto che la multinazionale, leader mondiale del mercato delle telecomunicazioni, negli ultimi tre mesi ha aumentato il proprio fatturato del 25% a dimostrazione del fatto che non è in crisi, ma è solo portata all'indebolimento, sottoposta com’è, a molteplici manovre gestionali “autolesive”: cessione delle produzioni, progressiva delocalizzazione in Cina, ricerca di nuovi prodotti azzerata, abbandono della sede storica (di proprietà) a Cassina dè Pecchi e trasferimento in un’unica sede in affitto, etc. Si tratta, dunque, di promuovere scelte gestionali diverse, attente ai lavoratori piuttosto che ai profitti immediati. Così si potrebbe, non solo salvare dalla chiusura il dipartimento di Cassina, ma anche permettergli di continuare a dominare, com’è già accaduto in passato, sul mercato delle telecomunicazioni.
Non-politica. La situazione però, non cambia, i vertici di Jabil non modificano la loro strategia. Lo stabilimento alle porte di Milano presto chiuderà e i lavoratori saranno licenziati. Si chiede, allora, aiuto alla politica, nella speranza che intervenga per tutelare i diritti dei lavoratori. La risposta dell’assessore all’industria, nonché vice presidente della Giunta per le Attività Produttive in Regione Lombardia arriva secca: «la politica non può fare nulla, non possiamo obbligare un’azienda a fare quello che non vuole più fare, d’altra parte c’è la libertà di impresa…».
La lotta giusta. Che fare di fronte a tale situazione? Che fare difronte a una politica che non tutela chi l’ha delegata per farlo? Forse il comportamento più naturale sarebbe quello di una totale sfiducia, di un’assoluta arrendevolezza, ma i lavoratori non ci stanno e, come racconta Anna Lisa Minutillo, continuano la loro lotta nelle strade e sul web: «Ci siamo stretti in un'abbraccio, abbiamo unito le nostre grida silenziose ed abbiamo creato un presidio permanente che da 4 mesi ci vede coinvolti a pieno regime. Abbiamo e stiamo cercando di tutelare solo il nostro posto di lavoro ed, intanto che le lancette dell'orologio girano ed i giorni passano, stiamo attendendo il 12 Dicembre che sarà il giorno che vedrà tutti noi lavoratori ricevere le lettere di licenziamento, stiamo cercando di non restare nell'ombra, di non piegarci difronte all'ingiustizia che fa sentire queste persone così tanto piene di se al punto di disporre delle nostre vite senza neanche chiederci se siamo daccordo o meno, stiamo cercando di far conoscere la nostra storia a chi avrà la bontà di leggerla solo per far capire che le prevaricazioni non avranno le nostre volontà, che il presidio esiste e resiste e che non andremo via da qui nemmeno quando avremo ricevuto le lettere, ma che quello sarà solo l'inizio della nostra lotta»